Corte d’appello di Roma, sentenza n. 5183/2014
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 5183/2014, confermò la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Latina in data 15/3/2006 di condanna a carico di F.L., debitrice principale, e N.B. E N.N., fideiussori, al pagamento della somma di Lire 105.791.472 in esito alla opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti su domanda della ricorrente Banca Monte dei Paschi di Siena, in virtù dei rapporti di conto corrente bancario n. (OMISSIS) e (OMISSIS) intrattenuti con la ricorrente, opposizione accolta parzialmente con il ricalcolo degli interessi depurati dall’anatocismo e la compensazione del saldo attivo, per la correntista, del primo conto e quello passivo del secondo.
Avverso la suddetta sentenza di secondo grado Banca Monte dei Paschi di Siena ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
F.L., N.B. E N.N. non hanno svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 34,35, 1241, 1243, 1246 e 2697 c.c. e artt. 112, 115, 633 e 645 c.p.c. perchè la Corte di Appello di Roma, erroneamente ritenendo ammissibile la compensazione impropria, statuita d’ufficio dal Giudice, tra due differenti rapporti obbligatori relativi al saldo di due distinti conti correnti accesi con il Monte dei Paschi di Siena, compensava le reciproche partite di debito-credito accertate relativamente ai rapporti dedotti in fase monitoria, in assenza di domanda riconvenzionale e di eccezione di compensazione avanzata dagli opponenti nei confronti della Banca.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, rispettivamente, degli artt. 1832,1857,2033,2220 e 2697 c.c.artt. 633 e 645 c.p.c. per avere i giudici d’appello, conformemente alla CTU, azzerato il saldo debitore iniziale del primo degli estratti del conto corrente n. (OMISSIS) disponibile, in mancanza degli estratti precedenti.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, rispettivamente, della L. 17 febbraio 1992, n. 154, artt. 4 e 5 e art. 117 T.U.. nonchè art. 1284 c.c. per avere i giudici d’appello, conformemente alla CTU, applicato il tasso legale ex art. 1284 c.c. e non invece il tasso sostitutivo di cui all’art. 117 T.U.B. sull’erroneo presupposto che il contratto di conto corrente fosse stato stipulato in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992.
Il primo motivo è inammissibile. La Corte d’Appello, invero, ha accertato in fatto che i due rapporti non erano autonomi, bensì collegati. Tale accertamento, dunque, avrebbe dovuto essere contestato mediante idonea censura ex art. 360 c.p.c., n. 5,che invece non è formulata.
Il secondo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto.
Vero è, infatti, che nei rapporti bancari in conto corrente, l’accertata nullità delle clausole che prevedono, relativamente agli interessi dovuti dal correntista, tassi superiori a quelli legali nonchè la loro capitalizzazione trimestrale, impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura, che la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l’onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio (giurisprudenza consolidata: da ult. Cass. 15148/2018). Ma è anche vero che nel caso che ci occupa i giudici di merito hanno accertato un credito a favore della correntista opponente a decreto ingiuntivo, la quale, in relazione a tale accertamento, ha dunque assunto la qualità di attore (non solo in senso formale, bensì anche) in senso sostanziale, perciò assumendo il conseguente onere della prova. Tale prova deve essere fornita, di regola, mediante la produzione degli estratti conto (giurisprudenza, anche questa, concolidata: da ult. Cass. 11543/2019, 24948/2017) e, nel caso di produzione incompleta, il calcolo del credito del correntista attore deve essere effettuato,in mancanza di prova contraria,partendo dal primo saldo debitore documentato (Cass. 11543/19 cit.) quale che sia la parte che l’ha prodotto in giudizio (principio di acquisizione probatoria).
Il terzo motivo di ricorso relativo al tasso legale ex art. 1284 c.c. deve essere respinto in quanto le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, introdotte con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4 poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 117 non sono retroattive alla pari della disciplina in materia di usura. L’irretroattività opera anche per la previsione della sostituzione della clausola nulla con I diversa disciplina legale all’uopo dettata dal Legislatore (Cass. 28302/2005 e successiva conforme). Nè è ammissibile la deduzione della ricorrente, secondo cui la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che il contratto de quo sia stato stipulato in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992. Si tratta, invero, di censura di puro merito, priva dei requisiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Ne consegue che, correttamente, il calcolo degli interessi è avvenuto sulla base del tasso legale anche successivamente alla data del 9/7/1992.
Per quanto sopra deve pertanto essere accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato e dichiarato inammissibile il primo e il terzo. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo il quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso dichiara inammissibile il primo e rigetta il terzo. Cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 10 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2019